La Rosa dell’Escorial

La rosa dell'Escorial in tralice
sul muro nasce appassita,
subito intrecciata alla morte,
quasi vergognosa di vivere,
come se sentisse ancora
il fiato severo di Felipe II,
la morbosa libidine scura
della consunzione dei corpi,
la muffa della pietra nera,
il battito pressante della fine.

La rosa dell'Escorial sospira
mentre il sole debole la sfiora,
e si colora di pallida tristezza,
sbiancata fredda guancia 
d'Infanta destinata al cenere,
senza illusione di futuro,
certa soltanto  della fine.

Dagli armadi nella cattedrale,
dagli stipi devozionali del re,
echeggia sinistro un tic tac
di ossa e reliquie irrequiete, 
avide, perentorie, assillanti, 
e la rosa trema, la rosa
dell'Escorial che muore
di rassegnata nostalgia
per una vita che là non può 
presumere per un solo istante
la leggerezza che solo l'aria
promise, ma fu tradita
dal cilicio rasposo, freddo,
di volontà  di fede contro
ogni cosa che vive, ed è
colpa soltanto da espiare.

La rosa dell'Escorial 
è una bambina mai nata 
posata come una lacrima
davanti agli occhi, opaca
e muta, spina di Cristo,
petali di martirio, sola
su un eterno calvario.

Nessuno la guarda,
ognuno s'affretta 
temendo il contagio,
ognuno fugge
verso la vita,
lontano da lei,
memento mori 
insopportabile 
e crudele,
rosa corrosa 
dell'Escorial. 

©francescorandazzo2022