Di molte notti il gelo

Di molte notti il gelo abbraccia
l’incostanza del respiro corto,
si cerca rifugio in caldi ricordi,
ma tutto ghiaccia dentro e fuori,
si scivola in un sonno tormentato,
senza più sogni, né tempo, ora.

Dalle mura di Tebe grida un fanciullo
ancora lo sentiamo come fosse qui,
non è un eroe, non ha nome, solo
un ragazzo che piange fino a noi.

Tutto questo freddo spalanca bianca
trasparente profonda la ferita scura
che ogni dolore imprime nel futuro.


Di molte notti il gelo abbraccia
l’incostanza del respiro corto,
si cerca rifugio in caldi ricordi,
ma tutto ghiaccia dentro e fuori,
si scivola in un sonno tormentato,
senza più sogni, né tempo, ora.


Troveremo mai il tempo di leggere
l’Achilleide di Stazio o Poliziano?
Tradurremo mai il Libro Perduto
di un autore mongolo sconosciuto?
E riusciremo mai a contare quanti
chiodi di nascosto piantava l’uomo
che usciva soltanto di notte, senza
nome ma col martello in mano?

Di molte notti il gelo abbraccia
l’incostanza del respiro corto,
si cerca rifugio in caldi ricordi,
ma tutto ghiaccia dentro e fuori,
si scivola in un sonno tormentato,
senza più sogni, né tempo, ora.

Dove andranno a dormire gli insonni
e i senza tetto che guardano finestre
con avido languore e nostalgia di vite
protette, fiduciose in un futuro eterno,
mentre la sorte gioca a dadi truccati,
mentre il destino beffa tutti sempre?

Ma Dio, dov’è? Che fa? Perché
ci lascia così, fragili e feroci? Noi
che cantiamo canzoni di Natale
per un bambino che lasciamo al gelo...
Di molte notti il gelo abbraccia
l’incostanza del respiro corto,
si cerca rifugio in caldi ricordi,
ma tutto ghiaccia dentro e fuori,
si scivola in un sonno tormentato,
senza più sogni, né tempo, ora.

Infine, ci sarà una notte serena
per tutti, oh sì, tutti, e infinita,
oltre ogni alba e luminoso errore.

©francescorandazzo2023

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